venerdì 10 febbraio 2012

Louisiana Story (is over)






Dopo quattro mesi di attesa dalla prima all’ultima pagina, con circa trecento tavole di fango, soldati, cajun, coccodrilli, sparatorie, tradimenti, duelli, sangue e lacrime nel delta del Mississippi, è terminata “la mia” Alligator Bayou e, come al solito, butto lì qualche dietro le quinte per i più curiosi.

La prima curiosità è legata al popolo dei cajun, vero protagonista di questo poker d’albi.

I cajun sono un gruppo etnico costituito dai discendenti dei canadesi francofoni; a metà del XVIII secolo, quella che era la regione dell’Acadia diventò l’odierna Nuova Scozia (Canada) passando di mano dai francesi agli inglesi… i quali pensarono bene di attuare una bella pulizia etnica per non mischiare il proprio sangue con quello francese! Chi preferiva un’alternativa ad una palla di piombo in testa, poteva trasferirsi un po’ più a sud… giusto qualche chilometro più a sud, nella paludosa Louisiana! Una scelta che, anche se al momento poteva sembrare l’unica furba alternativa, non lo fu per tutti. I settemila acadiani rimasero per settimane rinchiusi all’interno di navi-prigione (quelle usate per il commercio di schiavi, tanto per intenderci) e morirono centinaia di uomini, donne, vecchi e bambini.
Nei decenni successivi, un buon numero di immigrati spagnoli e tedeschi si unirono agli acadiani in quel paradiso popolato di zanzare grosse come canarini e coccodrilli che non disdegnano di darti un’assaggiata mentre passi per la palude. Questo miscuglio di popoli, ha generato un ibrido culturale caratteristico che si esprime al meglio con la musica, la cucina e la lingua.

Dato che inserire la musica mi risultava un po’ difficile per i limiti legati al medium, ho inserito una spolverata di cucina e di linguaggio per arricchire la caratterizzazione dei personaggi.

Fonti di ispirazioni sono stati, principalmente due film:

Louisiana Story, docufiction in bianco a nero di Robert J Flaherty del 1948, vero esempio di antropologia visuale dove la macchina da presa indugia sull’ambientazione e sugli aspetti caratteristici della vita in una palude, senza necessariamente raccontare una storia.

Poi, il sicuramente più famoso Southern Comfort (I guerrieri della palude silenziosa) di Walter Hill (quello de I Guerrieri della Notte, tanto per intenderci) dove, proprio come in Alligator Bayou, un gruppo di militari deve vedersela con agguati e scontri con una banda di cajun decisa a farli fuori!

Ovviamente però gli aspetti antropologici e culturali devono sempre e comunque fare da sfondo in una fiction in cui l’avventura deve essere il primo ingrediente base. Perciò, proprio come successo con il Portuñol Riverense per il ventesimo Speciale di Nathan Never intitolato Non Umano, anche in questo caso della cultura e del linguaggio cajun sono avanzate soltanto delle “spolverate” nella nostra storia, giusto per aggiungere un po' di quel sapore che, da quanto si legge dai commenti sul web, avete saputo apprezzare, e di questo vi ringrazio.


E a proposito di commenti in rete, i frequentatori del forum Za-Gor-Te-Nay, dibattevano sulle dimensioni di Le Roi, il gigantesco alligatore bianco.
Il dubbio era: "Le abnormi dimensioni della mitologica bestia, sono il risultato di una volontà degli autori o di un errore di realizzazione?"

Suvvia, non scherziamo, è ovvio che sia io che Mangiantini ci siamo ben documentati in proposito!

L’utilizzo, anzi direi la necessità romanzesca di Le Roi è abbastanza evidente: circolarità narrativa!
De Marigny, il nostro antagonista, fugge di galera all’inizio della storia facendo dare in pasto ai coccodrilli qualcun altro la posto proprio… perciò, alla fine, tramite Le Roi, la palude se lo riprende rimettendo le cose a posto!
Aggiungiamo poi che Alligator Bayou è il seguito di Tragico Carnevale, storia scritta da Guido Nolitta (alias Sergio Bonelli) a cavallo tra il 1973 e il 1974, dove Zagor viene buttato da De Marigny in pasto all’enorme alligatore Matusalemme... che ovviamente lo trova più coriaceo del previsto!

Ma allora, dato che non si tratta di una licenza poetica, da dove nasce Le Roi?

Ecco da dove ho preso ispirazione:

Si tratta di un coccodrillo gigante, fotografato a Pointe Noire, Republica del Congo. La notizia relativa è stata pubblicata il 17 Luglio 2003 in La Semaine Africaine, un periodico congolese in lingua francese, in cui si racconta che questo attempato cinquantenne Coccodrillo del Nilo, di 5 metri per 850 chili, era solito far capolino sulle spiagge della zona terrorizzando i presenti (ma và?!) e visto che cominciava ad allargarsi un po’ troppo, la polizia locale ha ben deciso di risolvere il problema in maniera definitiva. Ma le pistole (proprio come nel caso di Zagor) sono servite a ben poco contro la spessa pelle di Croccolone… così, per abbatterlo, è servito un kalashnikov!
Dopodiché, dato che, come si sa, del coccodrillo non si butta via niente, il gigante è stato portato da un novello Norman Bates che, grazie alla tassidermia, lo ha trasformato in un’attrazione per turisti, ai quali viene raccontato che SuperCroc era sempre più audace nell’avvicinarsi ai luoghi abitati perché… ormai irresistibilmente assuefatto al sapore della carne umana!

Ora fermo subito i primi della classe che si sbracciano per poter sheldonare: "ma in Louisiana non vive la razza Crocodylus niloticus, bensì l’Alligator mississippiensis che arriva al massimo a 4,5 metri di lunghezza!"
È vero, ma è anche vero che a cavallo tra il XIX° e il XX° secolo, sono stati catturati esemplari di alligatori, nel delta del Mississippi, di ben oltre 5 metri di lunghezza! Tié!

Infine, ricordiamoci ancora due cose, la prima, è che i suddetti pelle squamati sono tutti cuginetti del Sarcosuchus Imperator, bestiolotto che arrivava a 12 metri di lunghezza per un peso di oltre 10 tonnellate!... in pratica lungo quanto un camion con rimorchio, e pesante come una dozzina di 313 con a bordo paperino e i nipotini inclusi!
E la seconda è che… ehi, Zagor ha combattuto contro licantropi e zombi, vampiri e vampire, vichinghi e uomini della palude!... un po’ di sospensione dell’incredulità, per la miseria!





4 commenti:

Warzak ha detto...

Ho risfogliato la storia dall'inizio e la conclusione su questo lavorìo mi porta a togliere i dubbi sul finale; è una buona storia d'avventura, arrichita da un linguaggio, da un ritmo e da personaggi che parlano senza quegli eufemismi tipici della fiction dei Sessanta e dei Settanta: si veda la baronessa e l'ottimo Badeaux.
Complimenti anche a Mangiantini.

Giampiero B.

Mirko ha detto...

Grazie Index-Man!
Una delle critiche più sentite, è legata allo scarso utilizzo dei personaggi nolittiani come De Marigny e Dutronc ma, a parte il fatto che avevo un soggetto da seguire, credo che tentare di "scimmiottare" la vecchia storia sarebbe stato un errore! Perciò ho cercato di dare a questa mia un'impronta più personale, scommettendo di più su uno dei punti forti di Mangiantini, cioè l'ambientazione palustre con la caratterizzazione di personaggi tipici.
E anche tu mi riconfermi che è stata una scelta azzeccata!

:)

Carlo ha detto...

Carissimo Professore
la tua tesina sui Cayun e i Coccodrilli la vorrei allegata alle storie di Zagor, questo non è piü un fumetto, è ricerca geografica! Te lo dice un geografo amante di National Geographic. Sei grande!
Carlo "geografo" Fittipaldi

Mirko ha detto...

Bontà tua, Carlo!
Questa cosa di corredare le storie con le ricerche fatte per realizzarle, è una cosa che mi tiro dietro dai tempi del mio Anno Domini... cosa che credo sia stata molto influenzata dal Buon Vecchio Martin Mystére!