mercoledì 31 agosto 2011

Perciò... riempi i palloncini?

Sembra che ci sia un po’ di confusione sulla figura dello sceneggiatore…

Sembra?

A volte, anche i lettori appassionati sembrano confondere lo sceneggiatore con il letterista.

CLIKKANDO QUI ci si possono chiarire (in parte) le idee su che cos’è una sceneggiatura…

Mentre, per quanto mi riguarda, chiarisco la cosa con un paio di esempi visivi.

Questa è una mia sceneggiatura:

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By rainulfo at 2011-08-31

chiedo al disegnatore di realizzare graficamente in ogni vignetta quello che ci serve per raccontare la storia, e indico anche i dialoghi.

Se serve, inserisco qualche schizzo per rendere il tutto più chiaro, come questo:

Alla fine, un letterista, copierà il testo dalla sceneggiatura alla tavola disegnata trasformando le vignette da così:

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a così:

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Perciò... no, non riempio i palloncini, al secondo mi manca già il fiato!

martedì 30 agosto 2011

Che ridere?


L'immagine qui sopra, opera del bravissimo Nicola Rubin, mi serve per introdurre una domanda che, qualche tempo fa, mi è stata posta tramite Facebook da un amico dal nickname Alex Principato; domanda che, condivisibile o meno, che credo possa interessare.

Alex mi chiedeva: Perché gli autori Bonelli (pochi esclusi) sono allergici all'umorismo? Perché non vediamo più Christopher su Brendon? Perché Groucho dice due battute e se ne và? Perché non ci sono Dee, Kelly e Angie tutti i mesi? Perché Cico era spesso messo da parte negli anni '90? Perché?

Lungi da me l'idea di urlare in risposta "E io che ne so?!" gli darò una risposta semplice, ma non tanto immediata, per la quale conviene partire con qualche esempio pratico.

Iniziamo con due filmati youtubbici:


Il primo filmato credo che sia stato riconosciuto dai più; si tratta di alcune sequenze di Fracchia la belva umana, 1981, di Neri Parenti, con un Paolo Villaggio che semplicemente cambia nome al Fantozzi che già lo aveva reso famoso qualche anno prima, e lo vede affiancato da un Lino Banfi nei panni dell’esilarante Commissario Auricchio.

Il secondo filmato è tratto dal demenziale Top Secret, 1984, spassoso slapstick firmato Abrahams, Zucher & Zucher, insomma le stesse teste di Una Pallottola Spuntata e L’aereo Più Pazzo Del Mondo.

Esilaranti? Spassosi? Ne siamo proprio sicuri?

A voi, questi filmati, hanno fatto ridere?

Dipende dai gusti. C’è gente che conosce a memoria Frankenstein Junior, altri che non vogliono neppure sentirlo nominare.

È così per tutti i film? Per tutti i generi?

Ora proviamo con questo:

Ora chiudete gli occhi e immedesimatevi nel personaggio interpretato da Brad Pitt…

Provate a pensare di essere al suo posto.

Mentre voi non eravate in casa, qualcuno è entrato, ha ucciso la vostra fidanzata/moglie/madre, che era incinta a vostra insaputa, e vi ha fatto recapitare la sua testa in una scatola!

Se ciò non vi causa almeno un minimo brivido di angoscia, avete bisogno di fare due chiacchiere con uno psicologo di quelli bravi!

Allora, non tutti ridiamo per gli stessi motivi, ma ci spaventiamo più o meno per le stesse cose, perché?

Perché l’umorismo è culturale, mentre la paura è atavica.

La paura è dominata dall’istinto, è comune in tutti gli umani, e ci è servita per sopravvivere sin da quando mangiavamo banane sugli alberi.

L’umorismo, al contrario, si sviluppa con il crescere della conoscenza.

Ciò che fa ridere i bambini (caccapupù!) non è detto che faccia ridere i grandi, così come ciò che può far ridere un matematico (Come è possibile visualizzare uno spazio a 11 dimensioni? Semplicissimo: visualizza uno spazio a N dimensioni, e poi poni N=11) può far ridere solo lui, e nessun altro!

Ecco il motivo per il quale, nei fumetti Bonelli, non sempre si trova l’umorismo.

La Sergio Bonelli Editore fa principalmente avventura, indirizzata a centinaia di migliaia di lettori; con il dramma si riesce a coinvolgerne il maggior numero possibile, mentre con la comicità si rischia di soddisfare e divertire solo quelli che hanno un backgruond culturale più affine a chi scrive, rischiando di scontentare (o, per lo meno non divertire) tutti gli altri!

Ecco perché a volte, forse sempre più spesso, si sacrifica l'umorismo a vantaggio dell'avventura.


Una curiosità: ho scoperto che la parola umorismo deriva dal latino umorert-rem cioè umidità, liquido… ed è indubbio che, quando una cosa ci fa molto ridere, esageratamente, incontrollabilmente, ci si ritrova tutti umidi, sulle guance e nei pantaloni!

sabato 27 agosto 2011

Il sesso degli angeli

L’amico Lonewolf, utente del Nathan Never Forum, ha attirato la mia attenzione su questo post del blog di Roberto Recchioni, per sapere la mia in proposito...

Su un discorso simile, non si può che essere d’accordo, e da quel che sento chiacchierando coi miei colleghi, lo siamo (quasi) tutti, ma chiunque abbia un capo sa che la propria opinione, sull'azienda, vale meno della sua!

Insomma, se a Bonelli lo sfruttamento trasversale dei suoi personaggi fosse piaciuto, lo avrebbe attuato da tempo. Se non lo ha fatto fino ad oggi avrà i suoi motivi che, condivisibili o meno, sono quelli del capo.

Comunque, credo sia inutile discuterne tra noi, faremmo solo illazioni; l'unico che potrebbe dire la propria e Bonelli stesso, il quale ha sempre affermato pubblicamente di voler fare solo ed esclusivamente fumetti d'avventura, il resto lo lascia agli altri.

Qui però torniamo ad un discorso che mi capita di fare spesso e cioè domandare, discutere, arrabbiarsi, criticare, sull’operato e sulle scelte delle SBE, sia editoriali che commerciali.

L’errore però è concettuale. Non dobbiamo discutere della SBE, dei suoi personaggi e del loro sfruttamento, ma del fatto che non ci sia null’altro di simile!


Tex, Dylan e compagni vendono centinaia di migliaia di copie? Tex da solo vende, mediamente, più di Spiderman, Batman e Superman messi insieme? Significa che nel Belpaese ci sono autori validi e lettori interessati… allora come cacchio è possibile che non ci sia un editore, uno vero, di quelli col portafogli, pronti ad investire in questo settore? Gente come era Arnoldo Mondadori, gente con soldi a sufficienza per pagare non solo i tipografi (che quelli non lavorano gratis) ma anche gli autori (che quelli invece sì). Ma quando dico pagare gli autori intendo metterli in condizione di guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro, e non dandogli quattro spicci pretendendo anche un grazie! Altrimenti questo lavoro possono permettersi di farlo solo i “figli di papà” che non devono fare i conti alla fine del mese, che possono “esprimere la propria creatività” accontentandosi del ritorno d’immagine, senza un necessario ritorno economico.

Io sono entrato in Bonelli sei anni fa, prima (quando lavoravo di notte per scrivere di giorno o viceversa), proponendo i miei lavori gli pseudo-editori reagivano abbastanza male, sembrava quasi che, invece di prospettargli una collaborazione, gli stessi chiedendo la carità, perché… gli chiedevo soldi! Soldi per pagare il tipografo, beninteso, mica per pagare il mio lavoro. Oggi invece, sdoganato dall’amatorialità e passato la professionismo, mi propongono collaborazioni pagate (o strapagate se si riesce a mettere le mani su soldi statali o fondi europei); ma questo non perché il mio lavoro sia improvvisamente diventato migliore ai loro occhi, ma semplicemente perché pubblicandomi possono dire di avere un autore Bonelli tra le loro fila. Perché se Bonelli ti pubblica regolarmente sei uno fico, altrimenti sei un coglione!

Questo è il metro di misura di (quasi) tutti quelli che si improvvisano editori: non sono capaci di giudicare il lavoro degli autori, non ne capiscono le potenzialità, non hanno soldi per pagare gli autori, figurarsi avere soldi per pagare un editor che faccia il necessario lavoro di editing, o quelli per pagare un talent scout che abbia le competenze necessarie per capire se ciò che gli viene proposto può essere o meno un buon affare! Sembra che abbiano solo i soldi per pagare il tipografo, tirando qualche migliaia di copie, nulla di più.

Chi invece i soldi per fare tutto questo ce li ha (la Mondadori su tutte ma anche Rizzoli, Messaggerie, l’Espresso ecc… insomma i grossi editori) si interessa al fumetto solo per ristampe, senza mai creare una struttura dove si possano realizzare cose nuove e diverse da Disney/Bonelli, mai investendo nella ricerca, nella creazione, nella pubblicità, mai creando veri e propri multimedia franchise. I soldi per farlo li avrebbero, ma?... è di quel MA che, se si vuole, si dovrebbe discutere!

E considerate che le scuole del fumetto in tutta Italia sfornano circa 1000/1200 “nuovi fumettisti” all’anno, ce ne saranno di validi su cui investire, no?

Altrimenti ha ragione quella tizia che una volta mi disse: “In Italia pubblica troppa gente!... siete in troppi!... bisognerebbe impedire tutta questa libertà di stampa!

In sostanza, credo sia inutile continuare a lagnarsi se Bonelli “non fa questo o non fa quello” se ci devono girare le palle, dev’essere perché Bonelli sembra essere l’ultima, seria, casa editrice di fumetti rimasta in Italia!